120 anni dalla nascita di Francis Scott Fitzgerald

«E così andiamo avanti, barche contro la corrente, incessantemente trascinati verso il passato».

Considerato uno dei più grandi scrittori americani del Novecento, Francis Scott Fitzgerald mette in luce uno dei periodi storici più contraddittori del paese delle "grandi opportunità". In tutto ciò che scrive si riscontra la sua esistenza, vissuta in modo estremo, negli anni compresi tra la Prima Guerra Mondiale e la Grande Depressione.

La tematica ricorrente nelle sue opere è "Il sogno americano" del successo e dell'evasione da una cruda realtà che lascia presagire l'imminenza del disastro avvenuto pochi anni dopo la fine della guerra. Nella sua spietata e impietosa analisi di quelle classi agiate, sfarzose e insulse, ma di cui subisce il fascino sin da ragazzino, si avverte una malinconica dolcezza, seppur in un'atmosfera stantia, che ipnotizza il lettore sin dalla prima pagina. E attraverso la lettura di quei pochi libri scritti nell'arco della sua breve vita, si riesce a cogliere quel movimento effimero, ma indimenticabile, denominato "Jazz Age". La musica jazz simboleggia con il suo ritmo sincopato la libertà espressiva artistica di chi rigetta la tradizione e qualsiasi schema precostituito per affermare uno stile di vita ed una creazione letteraria che si lasci trascinare dal sentimento autentico volteggiando sulle note dell'improvvisazione jazzistica. E da quella cosiddetta "generazione perduta", vittima di un momento storico complesso e privo di punti di riferimento certi, con un futuro sempre più sfuggente, nascono non solo le opere di Fitzgerald, ma anche quelle di Ernest Hemingway, John Steinbeck, Ezra Pound, Henry Miller e Thomas Eliot.
L'analisi psicologica di Fitzgerald si concentra in modo particolare sulle classi benestanti in cui emergono "eroi" pronti a rinunciare anche a se stessi pur di inseguire un sogno. Ma nel restare fedeli ai propri ideali vengono schiacciati da una società indifferente e apatica e finiscono con il soccombere.
Prototipo di quell'America disorientata dei ruggenti anni '20 in cui l'obiettivo principale è quello di diventare ricchi, nella produzione scritta di Fitzgerald si riesce facilmente a cogliere il vissuto di un giovane fragile ed insicuro la cui infanzia e prima giovinezza sono contrassegnati dall'instabilità economica. I famosi ruggenti anni '20 diventano oggetto di denuncia sociale soprattutto in quello che può essere considerato il suo capolavoro, "Il Grande Gatsby", in cui la decadenza dei valori e la perdita della spiritualità denotano il fallimento del sogno americano di un benessere alla portata di tutti ed in cui l'infinito abisso che separa i ricchi e i poveri mai sarà eclissato.
Nato il 24 settembre del 1896 a Saint Paul, nel Minnesota, da una famiglia irlandese profondamente cattolica, sin da ragazzo è attratto dal mondo dei ricchi in cui le rinunce, costretto a subire a causa del comportamento spesso poco responsabile del padre, nemmeno sono minimamente contemplate.
Tuttavia, i sentimenti del giovanissimo Fitzgerald nei confronti della ricca borghesia sono molto contrastanti e oscillano costantemente tra invidia, odio e ammirazione. E da queste emozioni contraddittorie si svilupperà successivamente la sua narrativa incentrata proprio su quel microcosmo rinchiuso dentro mura irraggiungibili ed inespugnabili.
A causa del licenziamento del padre, avvenuto quando Francis è appena dodicenne, sarà la nonna materna, arricchitasi grazie ad un'attività commerciale, a provvedere ai bisogni della famiglia Fitzgerald.
Il futuro scrittore non mostra grande interesse per gli studi scolastici e sviluppa una personalità narcisista che funge da maschera ai complessi d'inferiorità in un mondo ai suoi occhi dominato da significativi conti in banca.
Visto il pessimo rendimento scolastico, i genitori decidono di fargli continuare gli studi presso un noto collegio cattolico, la Newman School, situata nel New Jersey.


Il direttore dell'istituto, un prete di elevata cultura, si rende conto del talento e della grande sensibilità del ragazzo, che già da anni tiene un diario e ama leggere e scrivere.
Tra i due s'instaura una profonda amicizia che riuscirà ad infondere un po' di sicurezza in Fitzgerald.
Terminati gli studi superiori, la sua aspirazione mai sopita di entrare a far parte di quel ceto sociale danaroso che domina il mondo, lo induce a convincere i genitori a fargli frequentare la prestigiosa Università di Princeton, dove, oltre a partecipare a sfavillanti e lussuose feste mondane con ragazze vestite alla "Charleston" e capelli tagliati a caschetto, organizza delle attività culturali che prevedono rappresentazioni teatrali musicali di cui scrive i testi.
Anni spensierati in cui comincia ad inebriarsi di alcool e festini, trascurando il normale percorso di studi universitari; Fitzgerald infatti non conseguirà mai la laurea. Eppure, proprio in quegli anni, arricchirà la sua formazione culturale grazie alla sua insaziabile sete di conoscenza e all'amicizia con alcuni dei maggiori intellettuali del periodo.
Comincia la sua attività letteraria nel 1916 collaborando ad una rivista.
Intraprende una relazione con una giovane ragazza dell'alta società, ma la storia, su cui il giovane ha riposto grandi sogni, si concluderà presto lasciando nello scrittore una profonda amarezza.
Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale, decide di arruolarsi come volontario, ma non sarà mai inviato a combattere. E, durante il periodo in cui è relegato dentro un campo di addestramento, ne approfitta per rileggere ed operare dei cambiamenti alla bozza del suo primo romanzo, "Di qua dal Paradiso".
Il reparto di cui fa parte viene trasferito a Montgomery, nell'Alabama, e lì, durante una festa, conosce Zelda Sayre, figlia di un noto magistrato.
I due giovani si fidanzano e, terminata la guerra, Francis si stabilisce a New York dove trova un lavoro presso un'agenzia pubblicitaria e scrive dei racconti per una rivista.
Presenta il manoscritto del suo primo romanzo, ma l'editore a cui sottopone quella sua produzione, ne rifiuta la pubblicazione.
Zelda rompe il fidanzamento perché non vuole sposare uno squattrinato. La rottura del fidanzamento provoca una crisi depressiva in Fitzgerald che lo indurrà ad affogare nell'alcool per quasi un mese il suo senso di inadeguatezza e la condizione di miseria in cui si trova in quel momento.


Francis insieme a Zelda

La crisi economica comincia a dare i primi segnali e le proteste dei lavoratori scuotono l'apparente calma del paese.
Francis, risoluto nell'intraprendere la carriera letteraria, torna a Saint Paul e si dedica ininterrottamente alla revisione del romanzo respinto.
Nel 1920, "Di qua dal Paradiso" viene pubblicato e riscuote un grande successo per il modo in cui l'autore descrive quella generazione dell'Età del Jazz in cui contrappone il sogno americano al disagio esistenziale sorto con l'esplosione del primo conflitto mondiale e la crisi del capitalismo.
La notorietà e il denaro vengono usati dallo scrittore per condurre una vita stravagante dentro quell'alta società a cui ha sempre ambito ed il suo modo di sperperare i soldi, senza pensare minimamente al futuro, rendono in poco tempo leggendaria la figura di Fitzgerald.
Ormai in grado di assicurare all'ex fidanzata una vita agiata, si sposa con Zelda, simbolo di quelle sfavillanti e spensierate ragazze "dorate"e anticonformiste, ma spesso innamorate solo di se stesse, ed insieme affittano un appartamento a New York dove organizzano feste all'insegna della sregolatezza e della spensieratezza.
Fitzgerald continua a scrivere e comincia a viaggiare entrando in contatto con molti intellettuali europei.
Al suo ritorno negli Stati Uniti torna con la moglie a San Paul dove Zelda darà alla luce la piccola Frances, chiamata con il vezzeggiativo di "Scottie".
Zelda, annoiata dalla vita tranquilla di Sain Paul, si diverte a scandalizzare la gente e Francis è costretto a far ritorno a New York. Risiederà a Great Neck, a Long Island, dove, così come farà Gatsby, l'eroe del romanzo che lo renderà famoso in tutto il mondo, organizzerà feste leggendarie caratterizzate da un lusso sfrenato, preludio di un notevole indebitamento dello scrittore con cui a breve dovrà fare i conti e lo costringerà a chiedere cospicui anticipi agli editori.
Molti saranno i racconti pubblicati in quel periodo, tra cui non bisogna dimenticare "Il curioso caso di Benjamin Button", noto al grande pubblico grazie alla trasposizione cinematografica del 2008 interpretata da Brad Pitt e Cate Blanchett.

Brad Pitt e Cate Blanchett in una scena del noto film di David Fincher, "Il curioso caso di Benjamin Button", tratto dall'omonimo racconto di Fitzgerald.

Comincia sempre più ad emergere nella maggioranza dei racconti dello scrittore di quel periodo la denuncia della corruzione e della superficialità delle classi più agiate, mentre nello stesso tempo l'abuso di alcool di Fitzgerald e i primi segnali di squilibrio mentale della moglie diventano di dominio pubblico costringendo la coppia a trasferirsi per un periodo di tempo in Francia. La donna s'invaghisce di un aviatore francese e la relazione tra Francis e Zelda mostra in modo palese un'infelicità latente che lo scrittore aveva cercato di celare nello scintillio di feste inondate da fiumi di alcool, nonostante il proibizionismo del periodo.
Il 10 aprile del 1925 viene pubblicato a Parigi "Il Grande Gatsby", riscuotendo meno successo rispetto alla precedente produzione di Fitzgerald. Ritenuto oggi il suo capolavoro, due sono stati i film più famosi tratti dall'omonimo romanzo. Raccontato in prima persona da un cugino di Daisy, con uno stile scorrevole e intenso, la trama è nota a tutti. La storia del primo grande amore di Jay Gatsby per Daisy, una ragazza dell'alta borghesia immatura e facilmente influenzabile che sposerà poi, dietro suggerimento della madre, Tom Buchanan, un uomo facoltoso che le consentirà di condurre una vita lussuosa, sarà magistralmente interpretata da Robert Redford e Leonardo Di Caprio in due pellicole ormai divenute leggendarie. Devo ammettere di aver preferito la versione moderna interpretata da Di Caprio per la fedeltà al romanzo, il dinamismo delle scene e la lettura dei passi più toccanti di un libro che merita di essere letto più volte per comprendere l'immobilismo di una società rigidamente divisa in classi e destinata a non cambiare. In fondo basta solo guardarsi intorno per notare che nulla è mutato dai tempi di Fitzgerald.


Jay, che potrebbe assurgersi a simbolo di quel sogno americano, spesso incapace di recare felicità negli esseri più sensibili i cui ideali non si riducono al possesso di meri beni materiali, pur di riconquistare quell'amore che s'illude sia ricambiato, entra nel mondo della malavita e si arricchisce. Acquista una villa sfarzosa nel Long Island vicino la casa dei Buchanan, accumula denaro perché consapevole dell'importanza data al lusso dalla donna e riesce a riprendere la relazione con Daisy, illudendosi e sacrificando la sua stessa vita pur di realizzare il suo sogno d'amore.
A differenza degli altri personaggi del romanzo, che tranne rari casi, mostrano solo edonismo e superficialità, il sogno "americano" di Gatsby non ha niente di materialista. È un sogno d'amore dettato dalla nostalgia di un passato impossibile da recuperare.


La sua instancabile lotta per riconquistare ciò che la vita gli aveva sottratto a causa della sua condizione sociale viene simbolizzata da quella luce verde emanata dalla casa di Daisy che l'uomo contempla dal molo ogni notte "sotto la spolverata d'argento delle stelle" e che prova ad afferrare continuamente.


Il sacrificio ostinato di Gatsby, che cerca di difendere la donna amata anche quando si rende conto della pochezza di quest'ultima, viene pagata a caro prezzo dall'uomo, la cui fine tragica simbolizza in quel corpo ucciso che galleggia in piscina, l'annientamento del sogno americano.
Quello stesso sogno nutrito dallo scrittore che, a differenza di Gatsby, ucciso prima di veder crollare il suo ideale, viene travolto dalla spaventosa crisi del '29, dai disturbi mentali della moglie, successivamente internata in una clinica psichiatrica, e dalla fine della sua notorietà.


Fitzgerald crolla in una cupa depressione che lo condurrà ad aumentare l'abuso di alcool.
In profonda crisi letteraria faticherà a concludere il suo altro straordinario romanzo "Tenera è la notte", pubblicato nel 1934, e anch'esso di scarso successo di vendite e critiche.
Quell'ulteriore fallimento accrescerà lo stato depressivo dello scrittore la cui purezza di cuore, nonostante le sofferenze subite, si manifesta nella pubblicazione di tre commoventi articoli che suonano più come un grido di aiuto piuttosto che una confessione del proprio fallimento artistico e umano. Tuttavia, persino coloro che considera amici mostrano solamente stupore di fronte a quell'ammissione del naufragio della sua vita.
La disillusione sembra prendere il sopravvento in un Fitzgerald ormai sfinito che sopravvive pubblicando racconti. Eppure, nonostante quel crollo psicologico, riesce a trovare la forza di continuare a scrivere il romanzo doloroso e poetico "Gli Ultimi fuochi", incentrato ancora una volta sul fallimento e la sconfitta del sogno americano.

Ancora una volta il sistema capitalista, con le sue contraddizioni e disuguaglianze sociali, viene messo sotto accusa.


Una scena del film "Gli ultimi fuochi", realizzato dal regista Elia Kazan nel 1976.

Nonostante sia rimasto incompiuto, il libro sarà pubblicato l'anno dopo la sua morte, avvenuta a Los Angeles, dove stava lavorando come sceneggiatore, il 21 dicembre 1940.
Accolto con entusiasmo dalla critica, che lo definisce un capolavoro, tutta la produzione letteraria di Fitzgerald viene rivalutata e i suoi romanzi annoverati tra i migliori della letteratura americana.
Riassumere un autore di tale elevatezza non è un'impresa facile ed il mio consiglio, per chi non l'avesse ancora fatto, è quello di leggerlo per potersi perdere in quella scrittura poetica di pagine di rara bellezza, ma senza alcun lieto fine. In modo particolare per quei personaggi fuori posto in un mondo in cui è il denaro a dettar legge. E non è difficile innamorarsi di quei perdenti, vittime quasi predestinate di una società disumana in cui i sentimenti puri vengono spesso derisi e calpestati.
Di seguito alcune citazioni dell'autore che serviranno a rileggere il suo pensiero o ad invogliare, chi non l'abbia ancora fatto, alla lettura delle sue opere.

Questa è la parte più bella di tutta la letteratura: scoprire che i tuoi desideri sono desideri universali, che non sei solo o isolato da nessuno. Tu appartieni.
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Una persona sentimentale spera che le cose durino, una persona romantica ha la disperata certezza che non dureranno.
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E così andiamo avanti, barche contro la corrente, incessantemente trascinati verso il passato.
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Aveva perso il vecchio caldo mondo e pagato un prezzo troppo alto per avere vissuto troppo a lungo con un unico sogno.
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Quanto più sai, tanto più c'è da esplorare, e trovi sempre dell'altro.
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A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere.
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Non esistono secondi atti nella vita degli americani.
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Quando ti viene voglia di criticare qualcuno, ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu.
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Sono rimasto ubriaco per almeno una settimana, e allora pensai che mi avrebbe reso sobrio il fatto di sedermi in una biblioteca.
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Avevo voglia di uscire a passeggio verso il parco nel crepuscolo tenero, ma ogni volta che cercavo di andarmene mi trovavo immischiato in qualche strana discussione stonata che mi inchiodava sulla seggiola come vi fossi legato con una corda. Eppure, alta sulla città, la fila delle nostre finestre gialle deve aver comunicato la sua parte di segreto umano allo spettatore casuale nella strada buia e mi parve di vederlo guardare in su incuriosito. Ero dentro e fuori, contemporaneamente affascinato e respinto dalla inesauribile varietà della vita.
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Non si può ripetere il passato.
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Anche in quel pomeriggio doveva aver passato dei momenti in cui Daisy non era stata all'altezza dei suoi sogni -e non per colpa sua ma a causa della colossale vitalità dell'illusione di lui.
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È sempre triste guardare con occhi nuovi le cose su cui hai già speso le tue capacità di adattamento.
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Era visibilmente passato attraverso due stadi e stava entrando in un terzo. Dopo l'imbarazzo e la gioia che non ragiona, era divorato dallo stupore per la presenza di lei. Era stato così a lungo pieno di quest'idea, l'aveva sognata in tutto il suo svolgimento e aspettata a denti stretti, per così dire, arrivando a un livello inconcepibile di intensità. Ora, per reazione, si stava scaricando come un orologio dalla molla troppo tesa.
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Nulla conduce allo sviluppo dell'osservazione più d'un silenzio coercitivo.
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Non c'è fuoco né gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore.
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La notte, nel letto, lo perseguitavano le ambizioni più grottesche e fantastiche, il cervello gli tesseva un universo di sfarzo indicibile, mentre l'orologio ticchettava sul lavabo e la luna gli intrideva di luce umida gli abiti sparsi alla rinfusa sul pavimento. Ogni notte alimentava le sue fantasie finché la sonnolenza si abbatteva con un abbraccio dimentico su qualche scena vivace. Per un certo periodo queste fantasticherie gli procurarono uno sfogo all'immaginazione; erano un'intuizione confortante dell'irrealtà della realtà, una promessa che la roccaforte del mondo era saldamente basata sull'ala di una fiaba.
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La gente crede quasi sempre che tutti provino per essa sensazioni molto più violente di quelle che provano in realtà: crede che l'opinione degli altri oscilli sotto grandi archi di approvazione o disapprovazione.
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La guardia più forte è posta ai cancelli del nulla, disse. Forse perché la condizione di vuoto è troppo vergognosa per venir divulgata.
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Aveva una magia nelle rosee palme, e guance accese in una bella fiamma, come il trepido rossore dei bimbi dopo il bagno freddo serale.
La bella fronte alta si arrotondava delicatamente dove i capelli, cingendola di uno scudo di blasone, esplodevano in riccioli ed onde e boccoli biondo cenere e oro.
Aveva occhi chiari, grandi, luminosi, umidi e splendenti, il colore delle guance era autentico, e irrompeva alla superficie della giovane pompa vigorosa del suo cuore.
Il corpo aleggiava delicatamente sull'estremo limite della fanciullezza: aveva diciotto anni, quasi compiuti, ma era ancora coperta di rugiada.
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Si scrive di cicatrici guarite, un parallelo comodo della patologia della pelle, ma non esiste una cosa simile nella vita di un individuo.
Vi sono ferite aperte, a volte ridotte alle dimensioni di una punta di spillo, ma sempre ferite.
I segni della sofferenza sono confrontabili piuttosto con la perdita di un dito o della vista di un occhio.
Possiamo non perderli neanche per un minuto all'anno, ma se li perdessimo non ci sarebbe niente da fare.
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Le buone maniere sono un'ammissione che tutti siano così teneri da essere trattati coi guanti. Ora, il rispetto umano… Non si da del bugiardo o del vigliacco a un uomo con leggerezza, ma se si passa la vita a non offendere i sentimenti della gente e ad alimentare la loro vanità, si arriva al punto che non si sa più distinguere ciò che si dovrebbe rispettare in loro.
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Lo schietto e inatteso miracolo d'una notte si estingue con la lenta morte delle ultime stelle e la nascita prematura dei primi giornalai.
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L'intimità si crea così. Prima si dà il miglior ritratto di se stesso, un prodotto splendente e rifinito, ritoccato di vanterie e falsità e umorismi. Poi diventano necessari i particolari e si dipinge un secondo ritratto e poi un terzo… In breve i lineamenti migliori si cancellano… e finalmente si rivela il segreto: i piani dei ritratti si sono mescolati e ci hanno tradito, e per quanto continuiamo a dipingere non riusciamo più a vendere un quadro.
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Non chiamarmi moglie. Sono la tua amante. Moglie è una parola così brutta. La tua "amante fissa" è così tangibile e piacevole…
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Le cose diventano più dolci quando sono perdute. Lo so: perché una volta volevo qualcosa è l'ho ottenuta. È stata la sola cosa che abbia mai voluto davvero, Dot. E quando l'ho ottenuta mi si è ridotta in polvere fra le mani.
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E questo mi ha insegnato che non si può avere niente, non si può avere assolutamente niente. Perché il desiderio inganna. È come un raggio di sole che guizza qua e là in una stanza. Si ferma e illumina un oggetto insignificante, e noi poveri sciocchi cerchiamo di afferrarlo: ma quando lo afferriamo il sole si sposta su qualcos'altro e la parte insignificante resta, ma lo splendore che l'ha resa desiderabile è scomparso…
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Era schiavo dei propri umori e sentiva che pur essendo capace di temerarietà e di audacia non possedeva né coraggio né perseveranza né dignità. La vanità, temperata dal sospetto se non dalla nozione di sé, il senso che la gente fosse costituita da tanti automi al suo volere, il desiderio di "passare avanti" al maggior numero possibile di ragazzi e giungere a una imprecisa cima del mondo… fu questo lo sfondo sul quale Amory entrò nell'adolescenza.
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La vita era un pasticcio della malora… Una partita di rugby con tutti fuori gioco e senza arbitro:ognuno persuaso che l'arbitro sarebbe stato dalla sua parte.
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C'era sempre il dolore del ricordo; il rimpianto per la gioventù perduta, eppure… non avrebbe saputo dire perché la battaglia valeva la pena di essere combattuta… tese le braccia al cielo cristallino, splendente. "Conosco me stesso" esclamò "ma nient'altro!"
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La tragedia di quegli uomini stava nel fatto che nulla, nella loro esistenza, aveva mai affondato i denti in profondità.
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Un uomo deve imparare molte cose, e quando non è più in grado di imparare diventa uno qualunque.
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La vitalità si vede non solo nella capacità di insistere ma anche nella capacità di iniziare da capo.
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Io non voglio indietro la mia giovinezza. Voglio il piacere di perderla di nuovo.
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Salvatore Candalino

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